Filosofia della Spagyria: Mercurio vegetale – Menta (Approfondimenti)

Gli orti di Priapo (Vittorio Fincati)
La pianta della menta non fu sempre così come noi la conosciamo.
In un tempo assai remoto e che si potrebbe definire un tempo psichico, essa era una ninfa.
Lo scrittore Oppiano, ricordando nel trattato della pesca l’uso della menta come ingrediente per la preparazione di un tipo di pastura per la pesca dei muggini, riferisce che la ninfa Mintha era figlia del fiume infernale Cocito, il “fiume del pianto”.
Vivendo in quelle sotterranee regioni divenne l’amante favorita del re degli inferi, Hades.
L’idillio si sarebbe protratto nel tempo se il dio non avesse deciso di condurre nel proprio talamo la bella figlia di Demetra, Kore dalle lunghe trecce, per farne la sua sposa legittima.
Il mito racconta che Mintha, abbandonata dal proprio amante, proferisse in urla spaventose – non a caso era figlia del Cocito – e facesse tali minacce nei confronti della rivale che la scalzava dal letto del re degli inferi, da suscitare la collera della potente Demetra.
La ninfa perì miseramente, senza poter attuale le sue rivalse – aveva detto che avrebbe ben saputo come riconquistare le attenzioni del re – calpestata e straziata. Impietositosi, Hades la tramutò lì per lì in una pianta odorosa, la menta appunto, con la caratteristica di risorgere più vigorosa qualora la si calpesti o la si tagli, infestando il terreno su cui cresce.
E’ quasi il segnacolo che la forza dell’eros non può essere interrata nel corpo ed ogni volta che l’ideologia demetrica la reprime, essa rispunta alla vita endemicamente. I greci la conoscevano anche col nome di hediosmos, “dal buon odore”.
Il rapporto Hades-Mintha-Demetra va oltre il mito per il fatto che uno dei pochissimi templi di Poseidone – è questo l’altro nome di Hades e che significa “sposo della terra” – sorgeva ai piedi del monte Minthe, in Elide, che prende il nome da Mintha ed era contornato da un bosco, sacro alla dea delle messi. Pare di leggere in questa topografia sacra che l’eros è infero, inconscio, scaturisce da Ade, e Demetra vi preside per organizzarlo ed irregimentarlo.
Questo rapporto si palesa in base alle seguenti considerazioni: Mintha-ninfa è un’amante, una concubina, come tale Mintha-pianta non può che ricalcare queste caratteristiche già riconosciute dagli antichi medici: Galeno affermava che “muove agevolmente gli appetiti di Venere”.
Le minacce di rivalsa che la ninfa si accingeva a mettere in opera si attuarono nelle vesti di ninfa-pianta, essendo stata distrutta per tempo.
Sopravvisse in sordina, quale ingrediente del Ciceone, la bevanda sacra dei Misteri di Eleusi. Il primo bibliotecario ufficiale della biblioteca di Alessandria, Zenodoto di Efeso, ci ha riferito che Mintha una volta era chiamata “Iynx”.
Questa parola greca ha tre significati: uno strumento sonoro di magia erotica; l’uccello torcicollo (Iynx Torquilla L.) anch’esso utilizzato in questo tipo di magia; una maga esperta in filtri amorosi.
Vi è un’equitazione menta=seduzione erotica non solo nel campo vegetale ma pure in quello psicologico e fisico-magico contenuti in questo nome.
Il mito in questione è ancora più significativo di quello di Myrra, che vedremo più avanti, poiché nel primo sotto le specie della rinascita della menta calpestata si va a significare la superiorità – almeno per quegli ambienti che avevano sviluppato questa versione del mito – dell’amore eretico e libero su quello convenzionale e regolamentato che, nel secondo già ci appare interpolato da punti di vista “demetrici”. Inoltre è di Marcel Detienne l’osservazione che “mentre eccita il desiderio sessuale, la menta lo allontana dalla sua funzione generatrice che ricalca l’opinione degli antichi che in molti afrodisiaci vedevano anche degli antifecondativi che proteggevano quasi il piacere dalle indesiderate conseguenze dell’atto genesiaco. Dioscoride: “messa nella natura delle donne avanti al coito, non le lascia ingravidare”.
Inversamente le piante anafrodisiache, come le lattughe, inibiscono il desiderio ma favoriscono i processi di gestazione e sviluppo.
Il mito palesa un’antitesi ideologica e culturale tra l’ideale della seduzione e del piacere (Mintha amante) e quello della continenza e del matrimonio (Kore sdegnosa); antitesi idealizzata in un contesto atemporale ma che in realtà rappresentò un mutamento storico sviluppatosi per secoli.
Kore o Persefone, così come fu chiamata dopo che andò sposa ad Ade, è invece una sposa legittima e come tale destinata ad essere madre feconda di figli legittimi.
La sua supposta facoltà antigenerativa opponendosi allo sviluppo naturale della vita ha fatto sì che la menta fosse una delle piante, come il prezzemolo, adoperata nei rituali funebri che, tra l’altro, esplicava molto bene coprendo il puzzo delle carni in decomposizione.
Dobbiamo precisare che la menta di cui stiamo trattando, quella definita da Linneo piperita, cioè pepata, per via del suo sapore pungente, è la stessa che alcuni botanici pretendono sia comparsa per la prima volta in Inghilterra nel 1696.
Ciò sarebbe avvenuto attraverso una triplice ibridazione: la menta silvestre e quella “rotondifoglia” avrebbero generato la “verde” che, poi, si sarebbe ibridata con quella “acquatica” e da quest’ultima unione avremmo avuto la nostra menta. Non sta a noi entrare nel merito del problema ma facciamo osservare che altri botanici come il Murr considerano la menta citata già da Dioscoride e Teofrasto come la “piperita”.
Per via dell’odore penetrante e gradevole che rinfresca e lascia, come dicevano gli antichi, la “bocca buona” profumando l’alito, la menta rientra nel novero delle piante preposte a favorire e stimolare i connubi tra gli opposti sessi.
Per Ippocrate una forte dose di menta provocherebbe spermatorrea ed impotentia erigendi. Nell’inibizione della generazione bisogna considerare la qualità di pianta “fredda” che molti autori le hanno dato. Il freddo è analogo all’oscurità e alla morte, a tutto ciò che si oppone alla vita. Mintha vive nell’Ade ed è figlia di un fiume infernale.
La sua opposizione a Demetra e Kore è anche quella fra i cereali che sostentano la vita e le piante utili sono per cose “futili”, come ritenevano certi antichi.
Non a caso i lessicografi greci avevano stabilito una corrispondenza fra il termine Mintha e minthos, indicante lo sterco e gli escrementi, così come potrebbe esistere col latino mentula, membro virile, poiché se la nostra pianta oscilla fra qualità “fredda” e “calda” è per la duplicità della sua natura, che ne fa una specie “mercuriana”: con la qualità “calda” stimola la sessualità, con quella “fredda” ostacola la procreazione1.
La menta propende comunque verso la sterilità, poiché non si riproduce per seme, ma attraverso gli stoloni o per talea, quindi “estendendo” in qualche modo se stessa nello spazio circostante.
Difatti, nel culto della feconda Demetra era fatto divieto di introdurre la menta nelle vivande, come ha ricordato il Brelich. Era, inoltre, il condimento principe nel consumo delle fave – cibo dei morti – e rientrava nella composizione del ciceone – la bevanda rituale di coloro che “morivano” alla vita profana nell’iniziazione elusina. Pare che il ciceone fosse una vera e propria droga rituale, una soluzione idroalcolica di menta-pulegio2, e orzo, maltizzata, che conteneva un fungo parassita, la claviceps paspali, parente dell’LSD-25 ottenuta dalla claviceps purpurea ma di circa venti volte meno attiva. Comunque la stessa mentha pulegium a dosi molto elevate può agire a mo’ di stupefacente…
E’ così probabile che il kykeon, bevuto dopo un lungo e severo digiuno, producesse una sensazione di estrema eccitazione su cui le immagini e i riti dei misteri dovevano avere un profondo effetto.
Dunque una pianta dell’amore infero, poiché non sposava l’atto sessuale con la generazione dei figli. Ippocrate la associò, nelle sue prescrizioni sul morbo sacro, al divieto di indossare un mantello nero, né di mangiarla, tantomeno in tempo di guerra, né di coltivarla. Un frammento orfico ci narra infatti che un tempo la menta “era un grande albero, carico di frutti” – forse analogo all’albero della tentazione di Eva – Quest’albero, riferisce il mito orfico, fu preso in odio da Demetra che si trovava a passare da lì disperata per la perdita dell’amata Kore e la condannò da allora in poi alla perpetua sterilità3. Fu così che nacque la calaminta, dal greco “cattiva menta”.
La frigidità della menta paradossalmente può venire incontro per favorire il rapporto sessuale.
Possiede infatti una leggera azione anestetica locale che già si manifesta se viene assaporata sulla lingua: usando l’essenza in diluizione inferiore all’uno per cento, applicata direttamente sul glande, esplica azione anestetica poiché uno dei suoi componenti chimici, il mentolo, eccita le terminazioni nervose superficiali che trasmettono la sensazione del freddo e di quelle sensitive in generale con conseguente analgesia.
Da un testo medievale attribuito al medico romano Emilio Marco, attivo alla corte di Ottaviano Augusto, De virtutibus herbarum et qualitatibus speciebus, abbiamo estratto e tradotto il capitolo sulla menta4.

DELLA MENTA

La Menta possiede forza calda e secca al secondo grado

giova bevuta alla digestione

rinforza lo stomaca e arresta il vomito

stacca ed espelle i vermi

sana diverse affezioni dei testicoli se se ne fanno fomenti col decotto

Toglie il latte ai seni se ve la si applica tritata

Instillata con miele calma il ma d’orecchie

Strofinata spesso elimina le asprezze della lingua

Bevuta con mosto cotto stimola il parto

Trita e applicata con sale guarisce il morso dei cani

Il succo viene in aiuto, misto ad aceto, alle perdite di sangue delle donne

se lo si introduce nella matrice prima del coito la donna non concepisce

infine il succo non fa guastare i formaggi se vi è loro mescolato o se gli si aggiunge sopra la pianta fresca.

1 “In realtà l’effetto riscaldante della menta piperita è la reazione dell’organismo ad uno stimolo freddo” R. Tisserand: Aromaterapia, Mediterranee, Roma 1982.

2 F. Cassola, nel tradurre il termine glechon, usa il termine menta. Letteralmente si tratta invece del Pulegio.

3 Nel “trattato dei Sogni” di scuola ippocratica è detto che sognare alberi senza frutti significa chiaramente la corruzione del seme umano, la sua sterilità.

4 Abbiamo cercato di rimanere fedeli alla stessa concisione “germanica” dell’antico romano.
Abbiamo lavorato su un incunabolo conservato nella biblioteca civica di Bassano del Grappa “Noviter inventus ac impressus” nel 1506 a Venezia da Bernardino Veneto.