Il Mondo animale: il Falco

Pettorale di Tut Ankh Amon

Falco
Gli Egizi letteralmente “convissero” con questo uccello rapace diurno: lo utilizzarono per la caccia dei roditori che infestavano i campi. che agiva senza però insidiare gli uccelli insettivori.
Spesso gli utilizzavano, per la loro relativa mansuetudine, come animale da compagnia, visto che i comportamenti del falco sono spesso paragonabili a quelli degli altri animali da compagnia in quanto ad espressioni di riconoscimento del padrone.
Venivano tenuti in voliera pronti per essere utilizzati per la caccia.
Tale pratica, appunto la caccia con il falco, era sicuramente molto praticata nel mondo antico; vi sono testimonianze anche più antiche dell’età del ferro, in diverse parti del mondo.
Né tale pratica venne meno, come si è detto, dal passaggio dal nomadismo alla vita stanziale e agricola dell’Uomo antico.
In Egitto, presso la prima dinastia abbiamo testimonianza della regalità di questo rapace; il faraone Smerket, che seguì dopo il regno del più famoso Menes, fu appellato quale Re-Falcone, intendendo perciò dare una dimensione regale al medesimo, ma anche sancendo che il falco era un’animale legato alla regalità.
Ricordando il fatto che comunque il faraone era espressione divina, il falco divenne ipostasi divina della regalità solare.
Tale culto ipostasico si evidenzia nel periodo del faraone menfita Chefren.
Si può notare che tale culto non solo fu uno dei pochi a non subire variazioni nel tempo, ma addirittura ad essere “assunto” dai popoli invasori o, semplicemente, che vennero in contatto con gli Egizi stessi per rapporti commerciali.
Tale spiegazione di simile durevolezza si suppone per via del rapporto ipostasico del falco con il Sole.
Questo ci richiama al culto solare di Amon, quale rappresentazione, ci sia permesso, “filosofica” del Sole; la sua regale Divinità ha poi la sua manifestazione fisica “raggiante”in Râ, di cui il faraone è l’incarnazione sulla Terra.
Ptah, terzo elemento di questa triade è il demiurgo della manifestazione o padre creatore.
Ptah stesso è il capostipite di un’altra Trinità: Ptah, Horus e Thot: il Padre, l’Intelligenza divina e il Verbo divino.

Le sequenze degli dei ovviamente, come sempre nella sacralità egizia, si “manifestano” secondo tempi e spazi ben precisi; in altri termini, gli Egizi, intendiamo la classe sacerdotale, a seconda dei cicli astronomici di cui erano sicuramente profondi astronomici “spostavano” sulla terra egizia le sedi delle Trinità, cambiandone nome personale e delle città sacre ad essi dedicate.
Si rimanda ad altre spiegazioni in altri testi e contesti l’aspetto approfondito della Teogonia egizia.

Nella regione di Tebe, nel periodo predinastico, troviamo un dio indigeno Montu, dal capo di falco e dalle due penne poste alte sul capo; è un dio guerriero, spesso raffigurato con un arco, che verrà sostituito dal culto del dio Amon.
Questa breve e incompleta disanima ci serve solo per porre in evidenza il ruolo gerarchico del dio Falco-Horus.

Horus è quindi l’intelligenza di Dio, ovvero stando alla concezione e alla collocazione egizia di questa qualità, possiamo dire che l’Intelligenza è una manifestazione che sorge dal Cuore.
Horus è una divinità certamente meno violenta e di aspetto terrificante rispetto alle teofanie assire e babilonesi, non dimentichiamo, poi, che anche presso gli ebrei Jehova non era un “dio” morbido anzi, le antiche scritture sono piene di punizioni per i nemici del popolo israelita e i suoi nemici.

E’abbastanza chiaro che non è difficile capire come certi tratti del Cristo, somiglino alla antica figura di Horus.
Certamente la relativa mansuetudine del rapace ha fatto si che tale divinità fosse rappresentata da questo rapace fiero e dallo sguardo acuto.

Ci si permetta un’analogia col nostro organo “centrale”, tutte le volte che ci capita di entrare in relazione con delle realtà che provocano in noi delle emozioni sia positive sia, da noi ritenute tali, negative il nostro Cuore “batte le ali” esattamente al Falco che batte le ali ogni volta che una persona conosciuta e amata si avvicina alla sua gabbia o al proprio trespolo, in senso di gioia, tanto quanto se vede giungere un pericolo sbatte le ali per fuggirlo1.

Il falco preferisce poi, rispetto ad altri rapaci, vivere in prossimità delle abitazioni umane, al contrario di altri rapaci diurni (cfr Aquila) che vivono lontano dall’uomo stesso specie sulle alte rocce e in luoghi considerati pericolosi per gli uomini.Della rappresentazione sacrale del falco presso gli egizi troviamo poi che esso, rappresentato spesso con i paramenti sacri, rappresentò la classe dei sacerdoti.
Della relazione, tra cuore, falco e Horus vi sono diverse testimonianze nei sacri geroglifici.

Persino vi è una statua in diorite2 di Kefren la cui nuca è coperta da un falco con le ali semi aperte: oltre al significato di, ovvia regalità, si nasconde probabilmente una profonda relazione energetica, in quanto sappiamo che gli Egizi avevano conoscenze energetiche paragonabili a quelle cinesi, e quindi, probabilmente, il significato era di estendere per analogia a tutta la “testa” l’intelligenza del Cuore.

Questo ci richiama ai diversi riti in cui i sacerdoti, di tutti i popoli nell’antichità, si ponevano sulla fronte una benda di lino che indicava che il Sole illuminava la coscienza del misto. Ovvero la luce del Sole irrompe nel mondo dei “fantasmi” e delle nebbie notturne, per portare una visione chiara e inequivocabile.

Il falco comunque non fu solo rappresentazione ipostasica del dio Horus; anche Râ3

stesso e il dio soli-lunare Khons, figlio di Amon e Mut, il cielo, furono rappresentati dal falco soprattutto presso Tebe.

Non dimentichiamo però che il falco in Egitto fu simbolo di Amore, forse anche vedendo che questo si agitava e faceva fuggire altri rapaci che venivano a predare animali da cortile e i colombi, utili nell’alimentazione dell’uomo: divenne simbolo dell’Amore assoluto.

Il falco, che gli egiziani vedevano volare alto nel cielo e osservare tutte le cose sulla terra con vista aguzza divenne per queste caratteristiche un naturale simbolo del sole.

Il falco rappresentava anche il dio Ra-Horakhty.

A partire dalla IV dinastia il faraone cominciò a chiamarsi “Figlio di Ra” mentre viene assimilato direttamente al dio che per eccellenza è sentito come il protettore della monarchia faraonica, cioè il già menzionato, Horus.
Di tale funzione protettrice troviamo, per esempio una statua di granito scuro del dio- sole Ra-Horakhty, posto a proteggere il cartiglio, cioè l’identificativo della titolatura regale, col nome di Ramesse II.

Il falco “prestò”, nella iconografia egizia, il proprio corpo per rappresentare l’anima; solo la testa, ovviamente, restò umana.
L’associazione è abbastanza intuitiva: l’anima umana doveva involarsi dalle “sozzure” della bassa materialità in cui per forza doveva discendere nella sua prova di Terra.
Prova di questa sua tendenza a “salire” si ha osservando l’animale in cattività; questo si porrà comunque nel luogo elevato possibile quando si posa, sia se libero, sia se in cattività nella gabbia.

Si ricordi che il falco, come l’aquila, osservano tranquillamente e senza conseguenze il disco del nostro astro senza subire dei danni.
Il loro modo di esporsi ai raggi solari del mattino, specie nei giovani individui, sembra un vero e proprio rito di riappropriazione della propria parentela analogica con l’astro nascente.
Il falco esprime la medesima contentezza che esprime all’avvicinarsi del padrone.
Tale particolare evidentemente non poteva essere passato inosservato agli occhi dei saggi Egizi, che non fecero altro che “sancire” l’analogia con l’anima umana.
Di tale rispettoso riconoscimento fecero segno questo al punto da mummificarlo e deporlo espressamente nella città di Buto.

Horus-Falco, ricordiamolo, esprime, ad ogni modo, la rappresentazione della benevolenza e dell’intelligenza benigna della Divinità che elargisce grazia e buona sorte a tutti gli esseri umani.
Questa era la Divinità che liberava l’anima dal corpo defunto e scendeva ogni anno come fuoco acceso nel periodo che corrisponde alla nostra Pasqua cristiana, e tale rito viene compiuto ancor oggi dopo il tramonto nel giorno del Sabato santo in cui accendendo il Fuoco il sacerdote testimonia la ridiscesa in forma purificata di Cristo Risorto.

Presso altri popoli, probabilmente influenzati dalla vicinanza del culto egizio, come in Assiria, il falco divenne segno della regalità sia del re sia della sovranità territoriale.
Dimostrando con ciò che gli antichi osservavano l’etologia animale, sicuramente con occhi e finalità diverse da quelle della scienza moderna.
Persino gli Ebrei colsero la relazione tra il falco e il sole; nella religione monoteista il rapace era simbolo del Sole splendente.

Nell’arte cristiana il falco-aquila, le rappresentazioni non sono completamente indubbie sull’attribuzione all’uno o all’altra, fu rappresentato su steli funerarie e dipinti.
Che il simbolismo richiami però il simbolo dell’anima liberata è chiaramente abbastanza chiaro e privo di dubbi.
Di questo possiamo esserne certi visto che come si è detto nell’articolo dedicato all’Aquila, il Cristo risorto è rappresentato da quest’ultimo.
Bisogna però affermare che probabilmente, senza nulla togliere alla divinità del Cristo, i primi cristiani d’Egitto, proprio a causa dell’ipostasia tra Horus e Cristo stesso, attribuirono il falco al numero degli animali con cui fu rappresentato il Figlio di Dio.
Più tardi nell’Europa medioevale, il falco assurse a rappresentare, quella persona della Trinità cristiana, in realtà meno rappresentata, dello Spirito santo, che nella tradizione comune viene rappresentata dalla “pacifica” colomba simbolo di pace.
Non ci si stupisca di tale apparente incongruenza, poiché il falco fu visto come Potenza divina, liberator iustorum, divino distruttore del Male.
Mentre la colomba è vista come dispensatrice di doni personali, come Pietà, Scienza, Sapienza ecc..
Non si dimentichi poi che il rapace ad ali aperte rappresentò pure il simbolo della croce.

1 Probabilmente vanno visti sotto quest’ottica gli epifenomeni delle anomalie nel battito cardiaco.

2 La diorite è un roccia di tipo magmatico intrusivo, con chimismo intermedio e tessitura granulare caratterizzata da cristalli di plagioclasio e orneblenda ben sviluppati, talvolta associati a cristalli interstiziali di quarzo, biotite e pirosseno di dimensioni inferiori.
La struttura è di tipo massiccio, con grana media, in cui sono individuabili locali differenziati che presentano colore più scuro e grana di dimensioni inferiori, inoltre si possono incontrare porzioni con un tenore in quarzo superiore al 10% e quindi con una composizione tendente a quella granodioritica .

3 La differenza si verifica nel copricapo: per Horus era la tiara dei due regni del faraone, simbolo del potere sulle due Terre.
Per R
â invece con un cobra arrotolato in forma di disco, simbolo di ciclicità magnetica del Sole nel suo peregrinare tra le costellazioni del cielo.