Filosofia della Spagyria: Venere vegetale – Mandragora

Habitat
Presente nei campi erbosi dell’Italia meridionale e della Sicilia settentrionale.

Costituenti principali
Mandragorina (alcaloide simile all’atropina), josciamina, scopolamina (iosina) ed atropina, cumarina (derivati) e whitanolidi.

Informazioni
Mandragora officinarum L. ha una lunga storia di utilizzazione in ambito medicinale, sebbene la superstizione abbia avuto un ruolo importante negli usi a cui è stata applicata.
Raramente viene prescritto nell’erboristeria moderna, sebbene contenga iosina, utilizzato  come medicinale  per trattare la cinetosi, la nausea, le secrezioni bronchiali e il vomito postoperatoria.
La radice fresca o secca contiene alcaloidi altamente velenosi ed è catartica, fortemente emetica, allucinogena e narcotica.
Se assunta internamente in grandi dosi, tuttavia, si dice che ecciti il ​​delirio e la follia.
In quantità sufficiente induce uno stato di oblio ed è stato utilizzato come anestetico per interventi chirurgici d’emergenza.
In passato, il succo della radice finemente grattugiata veniva applicata esternamente per alleviare dolori reumatici, ulcere e tumori scrofolosi.
Venne anche usato internamente per trattare malinconia, convulsioni e mania.

Mandragora e fertilità
L’associazione della mandragora con la fertilità è antica.
Nel capitolo XXX del Libro della Genesi, Rachael chiede a sua sorella Leah le mandragole che suo figlio aveva portato dai campi.
Molto più tardi, questo mito della fertilità ricevette sostegno dalla dottrina medievale delle firme (segnature), che suggeriva che Dio aveva fornito a tutte le piante una segnatura che indicava il loro valore.
Mandragora ha un fittone lungo e spesso bifido la cui forma a volte ricorda il corpo di un uomo.
Credendo questo un’indicazione del potere riproduttivo, i nostri antenati iniziarono a dormire ponendo i fittoni sotto i cuscini durante la notte.

Mandragora come pianta magica
Altri, tuttavia, iniziarono a chiedersi se il possesso dei fittoni non potesse portare, a chi lo detenesse, successo anche in altre aree – ricchezza, popolarità o il potere di controllare i destini propri e altrui, e presero a indossarli come portafortuna.
Non sorprenda che la Chiesa abbia disapprovato questa pratica e quando, durante il suo processo nel 1431, Giovanna d’Arco fu accusata di avere con sé una mandragora, questo aggravò la sua posizione e spianò la sua via al rogo.

Un antico anestetico e non solo
L’uso di mandragora come anestetico chirurgico fu descritto per la prima volta dal medico greco Dioscoride intorno al 60 d.C., e il suo uso come tintura, o in combinazione con altre erbe come oppio, cicuta e giusquiamo è descritto in documenti di epoca preromana.
Fu la presenza di josciamina, così come la forma della radice, che portò all’associazione della mandragora con la magia, la stregoneria e il soprannaturale.