Filosofia della Spagyria: Luna vegetale – Fico (approfondimenti)

 

 

Usi medico magici in Sardegna
“La credenza popolare sarda riporta che il fico dia ospitalità a spiriti cattivi, ombre malvagie dei defunti e sia dimora prediletta del demonio, e si crede in genere che dormire o meriggiare sotto una pianta di fico, sia esso domestico o selvatico, apporta malessere, disgrazie e guai di variegato genere.

“Hai mai visto dormire un animale sotto una pianta di fico? Il suo fogliame è tanto folto che lo soffoca!”.

Nell’antica Sardegna, al contrario, era rispettato e sotto le sue fronde si celebravano udienze di tribunale popolare.
I suoi frutti era considerati sacri per le cerimonie funebri.
I fichi accompagnati da altra frutta secca, pane bianco, dolci veniva regalato ai ragazzi che si recavano di casa in casa per fare la questua in onore delle anime dei defunti.

I fichi secchi comparivano inoltre fra i regali che i bambini ricevevano durante su kandelàrdzu o durante l’Epifania. Molto affascinante la tradizione che si rileva per la Corsica, di seppellire i bambini morti prima di aver ricevuto il battesimo, esattamente sotto una pianta di fico.

Il potenziale magico della pianta del fico è facilmente riconoscibile anche quando si parla di presagi sul futuro matrimoniale delle giovani sarde. In diverse località dell’isola le foglie della pianta, raccolte alla vigilia della notte di San Giovanni Battista, venivano poste nei quattro angoli della stanza dove dormiva la giovane nubile. A ciascuna foglia era assegnato il nome di un giovane pretendente. La foglia che la mattina si fosse mostrata più fresca, segnalava il nome del futuro marito della nubile. Identico rituale poteva effettuarsi con quattro rami; San Giovanni stesso avrebbe rinvigorito maggiormente il ramo rappresentativo del ragazzo giusto.”

Fico, apprezzato in Sardegna e in alcune parti del meridione italiano, veniva utilizzato per curare sa kàrri segàda (la carne tagliata).
Fondamentalmente si trattava di artralgie ritenute opera di spiriti cattivi.
Veniva trattate attraverso un preciso rito che prevedeva la processione di alcune donne sotto un albero di fico in un luogo deserto nell’ora della mezzanotte (raggio radionico di Saturno).
La sciatica era trattata durante la fase calante della Luna.
La guaritrice tagliava uno o più rami di fico messi anche in croce (in realtà fico selvatico o caprifico) o un pezzo di corteccia applicandola in seguito sulla parte dolorante del malato accompagnandolo coi brebus o berbus (sorta di preghiere sincretiche pagano – cristiane).
Il ramo a seconda delle località poteva moltiplicarsi in più rami, anche a forma di croce, comunque posto sulla parte dolorante.

Nel Sulcis una donna cercava un fico selvatico e ne tagliava uno o tre rami in luna calante prima dell’alba o al tramonto.
La erbaria (guaritrice esperta di erbe), recitando preghiere sbatteva i rami fra loro affinché il male si staccasse definitivamente, abbandonando i rami.
Poi li applicava sulla parte dolorante del malato per far sì che la malattia si trasferisse nei rami e successivamente spezzando le fragili fronde per rompere il dolore.

Per trattare un’ernia si raccoglieva e consumava un’infruttescenza del fico selvatico o domestico dopo averlo fatto girare per tre volte intorno alla pianta, possibilmente la notte della vigilia di San Giovanni.
Oppure il malato e  l’officiante si recavamo di notte durante la fase calante della luna sotto una pianta di fico selvatico.
La guaritrice staccava un’infruttescenza e la tagliava in due con un coltello nuovo recitando il Miserere.
Alla fine il coltello viene lanciato lontano con la mano sinistra, salmodiando appositi brebus che chiudevano la fase attiva del rituale.
Sempre in Sardegna, la vigilia di San Giovanni Battista, veniva tagliato in due un grosso ramo all’interno del quale si sarebbe fatto passare il bambino affetto da ernia.
Il bambino passava per tre volte fra i due lembi del fusticino tagliato a metà, mentre due adulti ne tenevano le estremità.
Se questo a fine rito non si fosse saldato, ma si fosse spaccato, il bambino non sarebbe guarito.
In altri casi invece il pollone tagliato veniva innestato sulla pianta del fico e se l’innesto avesse attecchito la guarigione sarebbe stata assicurata.

Questa medicina veniva detta a Sadali sa mèxìn’ e sa vìgu e veniva praticata da tre donne, una delle quali doveva necessariamente chiamarsi Maria.
Tenendo in braccio il bambino queste si recavano all’alba, pregando sotto voce e senza mai voltarsi indietro, nei pressi di un caprifico distante dal paese. Era fondamentale che la pianta non fosse raggiunta dal rumore del suono della campana o del gallo. La prima donna avrebbe effettuato un innesto da un ramo ad un altro avvolgendo la congiunzione con miele e giunco, la seconda sarebbe passata col bambino in prossimità dell’innesto recitando i brebus, la terza (Maria), ricevuto in braccio il bambino rientrava in rigoroso silenzio al paese dove restituiva il bambino alla madre.

A Barisardo con il caprifico si curava anche la paura.
A mezzanotte l’esperta con tre donne che si chiamavano tutte Maria, un nome per altro ossessivamente comune in Sardegna, si recava nei pressi di un caprifico e ne raccoglieva 13 infruttescenze.
Queste venivano infilate in uno spago a creare una collana che mettevano per tre volte al collo del malato.
La buttavano infine e rientravano a casa con il malato.
La cura per essere efficace, doveva assolutamente svolgersi per tre notti consecutive.

Nell’antichità
La foglia che copre l’apparato riproduttivo di Adamo ed Eva rende l’idea dell’analogia profonda di questa pianta e l’apparato genitale.
Il fico era l’emblema della fecondità e della generazione e presedeva la nascita di una città nuova.
Tuttavia, presso gli Arvali, se cresceva sul tetto di un tempio della dea Dia, questo veniva raso al suolo e si praticavano digiuni e purificazioni per molti giorni.
Priapo veniva rappresentato con legno di fico scolpito, come pure erano di legno di fico il falli delle feste dionisiache.
La nascita del fico era attribuita a Kronos, la cui statua a Cirene era adornata di fichi.
Mopso determinò la morte di Colchas poiché riuscì a contare i fichi sull’albero.
In ambito mitologico, il fico nasce per mano di Gea che fa sorgere nel suo grembo un albero che ha lo stesso nome di suo figlio, Sykèus (da Sykè, “fico”).
A questo mito è ricollegata anche l’origine di Sykéa, una città della Cilicia detta anche la città del fico.
Il fico è presente anche nel mito eleusino: Demetra dona a Phytalos per gratitudine la pianta del fico, e i discendenti del primo fichicoltore, i Phitalìdai, formano un collegio sacerdotale destinato a funzioni purificatrici.
Infatti colui che si ciba di fichi nasce a nuova vita, ma se non produce frutto muore così come nell’episodio del Vangelo di Gesù e il sicomoro.

Fico nel meridione d’Italia
Era molto utilizzato nella composizione, insieme ad altri ingredienti, di una “polvere per vincere la ritrosia della donna amata”, nella ricetta di un “decotto per far concepire”, in quella di una “polvere per ingravidare e concepire un maschio”, in quella di un’altra “polvere per concepire” (“fichi tagliati” insieme a radici di eringio, radici di satirione, foglie di sambuco).
Sempre in ambito magico, le foglie di fico hanno la segnatura delle mani: giovano dunque secondo questa credenza ai mali delle articolazioni.
A Lecce, per scacciare il malocchio si recitava: “la fica, la fàa e l’ecchi de fore” (il fico, la fava, e gli occhi spalancati per l’invidia).
In ambito mitologico, il fico nasce per mano di Gea che fa sorgere nel suo grembo un albero che ha lo stesso nome di suo figlio, Sykèus (da Sykè, “fico”).

Fico biblico
In quel giorno – oracolo del Signore degli eserciti – ogni uomo inviterà il suo vicino sotto la sua vite e sotto il suo fico” (Zc. 3,10); “Sederanno ognuno tranquillo sotto la vite / e sotto il fico / e più nessuno li spaventerà…” (Mic. 4,4)

Molte citazioni riguardanti questo albero rivelano la sua importanza per il popolo ebraico ed evocano il suo influsso benefico: ….Isaia disse: “Prendete un impiastro di fichi“. Lo presero e lo posero sull’ulcera e il re guarì… (2Re 20,7)

Neh-t en teb

Fico in egitto

 

Fico nella Sardegna
“La credenza popolare sarda riporta che il fico dia ospitalità a spiriti cattivi, ombre malvagie dei defunti e sia dimora prediletta del demonio, e si crede in genere che dormire o meriggiare sotto una pianta di fico, sia esso domestico o selvatico, apporta malessere, disgrazie e guai di variegato genere.

“Hai mai visto dormire un animale sotto una pianta di fico? Il suo fogliame è tanto folto che lo soffoca!”.

Nell’antica Sardegna, al contrario, era rispettato e sotto le sue fronde si celebravano udienze di tribunale popolare.
I suoi frutti era considerati sacri per le cerimonie funebri.
I fichi accompagnati da altra frutta secca, pane bianco, dolci veniva regalato ai ragazzi che si recavano di casa in casa per fare la questua in onore delle anime dei defunti.

I fichi secchi comparivano inoltre fra i regali che i bambini ricevevano durante su kandelàrdzu o durante l’Epifania.
Molto affascinante la tradizione che si rileva per la Corsica, di seppellire i bambini morti prima di aver ricevuto il battesimo, esattamente sotto una pianta di fico.

Il potenziale magico della pianta del fico è facilmente riconoscibile anche quando si parla di presagi sul futuro matrimoniale delle giovani sarde.
In diverse località dell’isola le foglie della pianta, raccolte alla vigilia della notte di San Giovanni Battista, venivano poste nei quattro angoli della stanza dove dormiva la giovane nubile.
A ciascuna foglia era assegnato il nome di un giovane pretendente.
La foglia che la mattina si fosse mostrata più fresca, segnalava il nome del futuro marito della nubile. Identico rituale poteva effettuarsi con quattro rami; San Giovanni stesso avrebbe rinvigorito maggiormente il ramo rappresentativo del ragazzo giusto.”